Heureux comme avec une femme

Roberto Bonati – Diana Torto, «Heureux comme avec une femme», ParmaFrontiere (distr. Ird), 2013, 1 cd.

La densità espressiva che Roberto Bonati e Diana Torto racchiudono nel loro recente lavoro discografico appare come l’essenza di una proposta musicale che si dipana ascolto dopo ascolto, in una sorta di scoperta continua e multiforme, lieve e profonda assieme. Le tredici composizioni qui raccolte tracciano un sentiero singolare, disegnato attraverso i colori timbrici del contrabbasso e della voce mescolati non sulla tavolozza di brani standard più o meno consolidati e conosciuti, ma su una materia che si direbbe più grezza e originale in quell’accezione positiva evocata dalla fecondità di un terreno vergine da dissodare. Un dato, questo, che emerge non solo per la peculiarità della scrittura – tutte le composizioni, infatti, sono di Bonati tranne il brano del XII secolo “Can vei la lauzeta” e la conclusiva “African lauzeta”, che vedono il contrabbassista confrontarsi con la fonte originaria di Bernart de Ventadorn – ma anche dalla singolarità dell’intreccio tra voce e strumento. Emerge una ricerca che pare procedere per gradi, per cerchi concentrici e via via sempre più profondi, tratteggiati dal timbro vocale che la Torto riesce a snodare su un filo espressivo assieme cangiante ed equilibrato, assecondando le evocazioni armoniche plasmate dal suono del contrabbasso. Un intreccio delicato e sinuoso, innervato di tanto in tanto da fremiti ritmici più scoperti, che restituisce un’idea di contemporaneità musicale originale, composta e ri-composta come in un ideale puzzle brano dopo brano. E tra tanti, delicati tasselli, troviamo rimandi alla tradizione giapponese dei poemi waka che si innestano sull’evocazione della poesia di Rimbaud, richiamata dal brano che titola l’album e che, incastonato al centro del percorso di ascolto, restituisce la sostanza densa e preziosa di questa musica, disegnata con suoni scarni ma pregnanti, in una riflessione rivolta all’essenza espressiva ben rappresentata dalla foto – un intenso e plastico “bianco e nero” di Pietro Bandini – posta in copertina all’album. (© Gazzetta di Parma)