Opaco

Giulio Scaramella, «Opaco», Artesuono 2019, 1 CD.

Questo recente album di Giulio Scaramella vede il pianista e compositore goriziano dialogare con Federico Missio ai sax (soprano, contralto e tenore) e Mattia Magatelli al contrabbasso, miscelando una qualità inventiva e improvvisativa coinvolgente, declinata attraverso variegate composizioni originali e alcuni omaggi tratti da repertori differenti.

Ed è proprio da questi tributi che traspare il ventaglio di interessi stilistici che alimentano la fantasia strumentale e creativa di Scaramella, a partire da una breve ma significativamente libera rilettura di “Musica Ricercata VII” di György Ligeti, dove il brano di uno dei maestri della musica del XX secolo viene reinterpretato miscelando l’ostinato reiterativo di pianoforte con incisivi tratteggi del sax. Altro omaggio è quello offerto a John Coltrane attraverso la ballad “Naima”, standard tra i più iconici del sassofonista e compositore statunitense qui restituito con garbo elegante. L’ultimo brano non originale è “Petite fleur”, composizione appartenente agli “anni francesi” – dal ’49 alla morte sopraggiunta nel ’59 – di Sidney Bechet, altro sassofonista (ma soprattutto clarinettista) e “classico” del jazz. Qui la celebre melodia disegnata dal suono denso del sax di Missio, dispiegata sull’andamento morbido scandito dalle corde del contrabbasso di Magatelli, viene arricchita dal procedere sinuoso del pianoforte, intento a tratteggiare con gusto personale atmosfere di un passato che qui diviene significativamente presente.

Una qualità interpretativa, quella espressa da questo trio, che ritroviamo anche nei sei brani originali – tutti di Scaramella, a parte “The wall” firmato da Magatelli – a partire dalla composizione eponima che apre l’album, passando tra gli altri titoli per “Over the bar”, dove l’iniziale andamento delicatamente cantilenante si scioglie in un ammiccante blues pianistico, arrivando al walking bass che caratterizza e sostiene gli altri interventi strumentali nella successiva “Time flies (and so do changes)”, uno dei brani più convincenti di un disco decisamente fresco e piacevole. (© Gazzetta di Parma)