Il rumore dell’anima

Ashley Kahn, «Il rumore dell’anima», Il Saggiatore 2017, 548 pp.

Il personale immaginario sonoro raccolto in questo volume denso di pagine e aneddoti ci restituisce l’originale viaggio tra i generi e gli stili musicali tracciato da Ashley Kahn, produttore e giornalista che nel corso della sua carriera ha offerto la sua firma a testate come New York Times, Jazz Time, Rolling Stone, Mojo, oltre all’italiana Jazzit, vincendo anche un Grammy Award per le note di copertina per “Offering: Live At Temple University” di John Coltrane. Risultato di una selezione di saggi, recensioni e note di copertina condivisa con Luca Formenton, editore e presidente della casa editrice milanese, questo libro restituisce la varietà degli interessi musicali coltivati da Kahn, che spaziano dal jazz al rock al blues, come ricorda il sottotitolo scelto per accompagnare la suggestione racchiusa in quel “rumore dell’anima” che richiama la passione di questo giornalista per le storie, per i personaggi e per i brani che racconta. Tra queste pagine vengono quindi rievocati profili di artisti come Miles Davis e Bill Evans, George Harrison e Eric Clapton, fino ad arrivare a B.B. King. A differenza di altri importanti volumi pubblicati da Kahn come “A Love Supreme” o “Kind of Blue”, dove l’indagine monografica era dedicata a un particolare album discografico e al suo autore – rispettivamente a John Coltrane e allo stesso Miles Davis – il carattere miscellaneo di questa raccolta ci permette di ampliare lo sguardo sulla lettura sempre stimolante che questo giornalista restituisce dei diversi generi e ambiti musicali, dal secondo dopoguerra ai giorni nostri. Una scrittura che racconta artisti, brani e contesti sociali in maniera libera e personale, come emerge anche da una recente intervista, dove lo stesso autore sottolinea come «l’urgenza di scrivere è qualcosa che ti capita in modo naturale, sai di essere predestinato a supportare in modo creativo ciò che ami. Mi piaceva la musica, sapevo che avrei potuto scriverne e che non volevo essere un critico: non volevo giudicare il valore di un album, di una registrazione o di uno spettacolo live, volevo essere un giornalista musicale e raccontare storie sulla musica e sui musicisti». (© Gazzetta di Parma)