Modern Art Trio

Franco D’Andrea, Bruno Tommaso, Franco Tonani, «Modern Art Trio», GleAM Records 2023, 1 CD.

Bella iniziativa quella realizzata dall’etichetta GleAM Records riproponendo, con questa edizione completamente rimasterizzata, la quarta la ristampa del disco “Modern Art Trio” di Franco D’Andrea, Bruno Tommaso e Franco Tonani, uno dei documenti discografici più significativi del jazz italiano e non solo.

L’album è disponibile dallo scorso mese di novembre in edizione limitata su LP in vinile da 180 grammi custodito in un bauletto con inedito libretto, oltre che su supporto CD in formato gatefold con booklet arricchito.

Un’edizione alla quale è stata riservata una cura particolare, a testimonianza dell’impegno profuso in questa particolare operazione.

Un progetto che è partito da un importante lavoro di restauro audio voluto dal produttore Angelo Mastronardi e realizzato grazie al fortuito ritrovamento del nastro originale da parte dell’editore Luca Sciascia e accuratamente restaurato e masterizzato negli Stati Uniti dal fonico Jeremy Loucas.

Frutto di una registrazione avvenuta tra il 17 e il 19 aprile 1970 per l’originaria etichetta Vedette Records, questo lavoro ha immortalato per la prima e unica volta su supporto discografico le innovative perlustrazioni sonore sviluppate dai dialoghi tra il pianoforte di D’Andrea, il contrabbasso di Tommaso e la batteria di Tonani, riuniti con il nome, appunto di Modern Art Trio.

Una materia musicale improntata alla ricerca, come testimonia la definizione di “progressive jazz” riportata sulla copertina del disco. Dei sei brani che compongono l’album, tre sono firmati da D’Andrea – “URW”, “Frammento”, “Echi” – due sono composizioni concepite in forma di suite a quattro mani da D’Andrea e Tonani – “Un Posto all’Ombra” e “Beatwitz” – e un brano rappresenta un omaggio al George Gershwin di “It Ain’t Necessarily So”.

Ascoltate oggi, queste interpretazioni restituiscono integre le potenzialità di indagine e di sperimentazione originarie, capaci di miscelare un approccio improvvisativo libero ed estremo con rimandi a certa serialità di matrice eurocolta.

Un documento importante, insomma, che Luca Bragalini descrive efficacemente come «un ponte verso il passato del jazz, ma anche un atto di stima nei confronti di quel tanto criticato presente (1970) e soprattutto un teorema proiettato in un futuro molto molto lontano. In altre parole un capolavoro». (© Gazzetta di Parma)