O que será

Stefano Bollani – Hamilton de Holanda, «O que será», ECM, 2013, 1 CD.

Da qualche giorno nel mio lettore cd continua a girare il disco di Stefano Bollani e Hamilton de Holanda, registrato dal vivo per la Ecm di Manfred Eicher il 17 agosto dello scorso anno al Jazz Middelheim Festival di Anversa. Ascolto e riascolto i dieci brani che compongono l’album ed ogni volta, oltre a riavviare il tutto dall’inizio, penso con un pizzico di rimpianto a quale sarebbe stato l’effetto se fossi stato parte di quel pubblico che applaude alla fine di ogni brano. I due artisti, da qualche anno coppia rodata sui palcoscenici dei vari festival jazz, restituiscono in questo disco l’essenza di un’affinità creativa rara, cesellata attraverso l’alchimia dei suoni di due strumenti apparentemente molto distanti. Il pianoforte di Bollani da un lato e il bandolim – mandolino a 10 corde – di de Holanda dall’altro farebbero pensare di primo acchito ad una lunga liturgia di monotoni equilibri dinamico-timbrici. Invece, fin dalla prima sventagliata di note del pianoforte che avvia l’ascolto di “Beatriz” di Chico Buarque, raccolta senza soluzione di continuità dalle corde del bandolim del musicista brasiliano, si intuisce che siamo decisamente in un’altra dimensione. Veniamo introdotti in un mondo in cui il virtuosismo trascende se stesso per divenire “semplice” mezzo espressivo, uno dei tanti ingredienti che questi due musicisti riescono a condividere attraverso un’affinità che emerge con una naturalezza disarmante. Dai brani originali di Bollani – “Il barbone di Siviglia” – e di de Holanda – “Caprichos de Espanha” – si passa ad una trascinante “Guarda che luna”, dove le corde intense del mandolino introducono ai tasti di un pianoforte che finisce per diventare un’irresistibile parodia di Paolo Conte proposta da un camaleontico Bollani. Lo stesso che nel ricamare con la mano destra una lunga frase solitaria in “O que será” di Buarque canticchia in falsetto alla maniera di Keith Jarrett, per poi trasportarci assieme al compagno di viaggio in un giro di danza dove la fantasia dei due artisti raggiunge uno dei momenti più ispirati. Ma tutti brani – tra i quali citiamo ancora l’ispiratissima “Obliviòn” di Piazzolla – meritano di essere ascoltati e riascoltati, per assaporare tutta la magia espressiva raccolta nel fiume di musica che trabocca da questo disco. (© Gazzetta di Parma)