E ricomincia il canto

Lucio Dalla, “E ricomincia il canto”, a cura di Jacopo Tomatis, il Saggiatore, pp. 376.

“E ricomincia il canto” – verso chiaramente evocativo e furbo il giusto, ispirato a quel melodramma condensato rappresentato dalla celeberrima canzone “Caruso” – è il titolo perfetto per un libro che parla di Lucio Dalla. Questo lavoro, curato dallo studioso, giornalista e musicista Jacopo Tomatis, è uscito lo scorso 4 febbraio per i tipi de il Saggiatore, a un mese quindi dal compleanno del cantautore bolognese, quel “4 marzo 1943” che è anche il titolo di una canzone ormai iconica composta da Dalla su testo di Paola Pallottino e presentata cinquant’anni fa a un festival di Sanremo ormai distante anni luce dalla manifestazione che si è svolta nei giorni scorsi.

Lucio Dalla è morto inaspettatamente il 1 marzo del 2012 a Montreux, sede tra l’altro di un noto festival jazz che altrettanto inaspettatamente ci riporta ai suoi inizi come musicista adolescente autodidatta al fianco di nomi quali Charles Mingus, Bud Powell ed Eric Dolphy. Un inizio di carriera che viene ben presto superato da una vena creativa che trova la sua dimensione ideale nella scia di un cantautorato che Lucio Dalla nutre di interessi musicali i più disparati. Un tracciato espressivo assolutamente personale che Tomatis ricostruisce nel bel saggio che introduce la raccolta di interviste – completate da qualche scritto non mediato dal giornalista di turno – che il cantautore ha rilasciato a diverse testate nel corso di una linea cronologica che dal 1966 arriva al novembre 2011.

Una carrellata di esternazioni, riflessioni e argomentazioni che ci restituiscono prospettive interessanti del Lucio Dalla musicista, cantante e autore, ma anche dell’uomo che vive la sua vita consapevole delle naturali e fisiologiche contraddizioni disseminate lungo il tracciato segnato dall’esperienza vissuta quotidianamente. Un dato di particolare interesse tra quelli che emergono da queste pagine – e proprio in virtù delle differenti stagioni attraversate da questo artista – è rappresentato dalla consapevolezza delle proprie scelte, fatte sia in qualità di professionista della musica “popular” italiana dagli anni Sessanta al Duemila, sia di uomo in qualche modo “pubblico”, conscio della complessità del proprio tempo.

Al di là delle mutazioni stilistiche e delle metamorfosi musicali disegnate da un Dalla che qui emerge più lucido e cosciente delle sue scelte di quanto sia dato di primo acchito immaginare, queste pagine si rivelano preziose in quanto ci restituiscono, al tempo stesso, l’artista e l’uomo. Da un lato, quindi, un musicista capace sia di indagini compositive originali come, tra le altre, quelle racchiuse in brani quali “Com’è profondo il mare” e sia, dopo qualche anno, autore di meraviglie commerciali come “Attenti al lupo”. Dall’altro lato un uomo capace di smarcarsi dagli stereotipi che stanno dall’una o dall’altra parte di un’etichettatura sociale bolsa e stantia, tracciando una sua terza e personale via, come emerge – giusto per fare un esempio – da un’intervista rilasciata a Ennio Cavalli di “Playman” nel dicembre del 1983: «Penso che l’ottimista, oggi, sia uno stupido e il pessimista un rozzo». Anche questo era (ed è) Lucio Dalla. (© Gazzetta di Parma)