La direzione d’orchestra in tre miti e una storia

I volumi su Toscanini, Karajan e Bernstein e A lezione dai maestri di John Mauceri: una riflessione sul mestiere più affascinante della musica

Nei mesi scorsi una serie di pubblicazioni, molto diverse tra loro, hanno reso omaggio ad alcuni dei più iconici direttori d’orchestra vissuti nel Novecento: Arturo Toscanini (1867-1957), Herbert von Karajan (1908-1989) e Leonard Bernstein (1918-1990). A queste monografie si è aggiunto recentemente il lavoro di John Mauceri (A lezione dai maestri) dedicato all’«arte, alchimia e mestiere nella direzione d’orchestra», quale significativa sintesi del mestiere forse più affascinante e mitizzato del mondo musicale.

Di fronte a questi testi ci è tornata alla memoria una serie di domande che Gianandrea Gavazzeni (1909-1996) aveva annotato nel suo libro La bacchetta spezzata (Nistri-Lischi, 1987).

«In un sessantennio almeno, cosa è cambiato nella funzione, nel costume, del direttore d’orchestra, nel genere operistico e nel sinfonico? I direttori celebri oggi, in che cosa differiscono da quelli di mezzo secolo addietro? In qual misura influiscono sull’ambiente e in quale altra l’ambiente su di loro? Come ristagnano o si dissolvono i fumi o le realtà della fama?».

E ancora, nello stesso volume il direttore bergamasco annota ulteriori considerazioni:

«Per spargere qualche umore salino sulla pretesa mitizzante, sul ritratto in piedi, il gesto grande. […] Certo: la figura come la vediamo oggi è tutta moderna, nell’assolutismo della funzione e nella mondanità delle attitudini».

Frasi, queste, tratte dal “Discorso pavese” che il direttore scrisse in occasione del conferimento della Matricola d’onore da parte dell’Università di Pavia nel maggio del 1977.

Diversi decenni dopo, le riflessioni di Gavazzeni appaiono ancora attuali in un panorama che nel frattempo è stato aggiornato grazie a diversi approfondimenti e monografie, come quella di Harvey Sachs Toscanini. La coscienza della musica (il Saggiatore 2018, 1200 pp., € 69,00). Il lavoro dello studioso franco-canadese-americano, a distanza di quarant’anni dalla prima fatica dedicata al direttore parmigiano (Toscanini, 1978), rappresenta il compimento e risultato ultimo di una vita di ricerche dedicate ad Arturo Toscanini, personaggio indagato dall’autore di questo corposo volume sotto tutti gli aspetti, da quello artistico a quello più strettamente personale. Una biografia che non si fatica a descrivere come “definitiva”, sulla scorta della mole di riferimenti, fonti e approfondimenti offerti da queste pagine… continua a leggere (© Il giornale della musica)

Rimane il fatto che la figura di Toscanini appartiene di diritto alla mitologia della direzione d’orchestra, così come vi appartiene il profilo di Herbert von Karajan, con quel suo inconfondibile ciuffo bianco e con quelle mani dalla cui fisicità plastica e controllatissima possiamo immaginare spuntare la punta della sua bacchetta. Un’immagine, quella delle mani del direttore austriaco, che ritroviamo sulla copertina del volume L’arte di Karajan. Un percorso nella storia dell’interpretazione (Lim – Libreria musicale italiana 2019, 399 pp., € 35), raccolta di saggi a cura di Alberto Fassone che inaugura la collana Research and Studies (Monteverdi Music University di Bolzano). E proprio nel saggio di Fassone che apre la silloge e titolato “Herbert Von Karajan, direttore dell’età dei media”, riporta la bacchetta del maestro in primo piano:

«Quando il 21 settembre 1978 Karajan, nel tentativo di raccogliere la bacchetta sfuggitagli di mano cadde dal podio, per un improvviso malore, nel corso di una prova con i Berliner Philharmoniker, l’eco che il fatto destò nella stampa fu inusitata: il critico Haus Klaus Jungheinrich scrisse, in tono volutamente iperbolico, che “non è la persona che perdendo il suo saldo equilibrio cade nel vuoto, no, cadendo essa trascina con sé l’intero edificio mondiale della musica classica, a prescindere dalle sciocche ripercussioni commerciali”»… continua a leggere (© Il giornale della musica)

Un’icona di segno diverso si rivela quella incarnata da Leonard Bernstein, come emerge dal volume titolato Scoperte (il Saggiatore 2018, pp. 472, € 32) curato da Giovanni Gavazzeni. Per usare le parole dello stesso direttore statunitense:

«Queste Scoperte non sono costruite come memorie, ma sono soltanto scoperte di sentimenti e di idee passate che spaziano dall’adolescenza all’età adulta».

Un viaggio intimo nella vita di uno dei principali direttori – ma anche compositori – del Novecento che ha danzato sul podio dirigendo, tra gli altri, pagine di autori come Mahler – “Mahler. Il suo tempo è arrivato”, articolo scritto per la rivista «High Fidelity» in occasione dell’uscita della prima integrale CBS delle nove sinfonie di Mahler nell’aprile 1967 –, ora si è immerso nella creazione di un’opera di teatro musicale come West Side Story – “Dal diario di West Side Story”, scritti tra il 1949 e il 1957, pubblicati nel 1957 – ora ha confidato a queste pagine i suoi punti di vista su figure di politici quali John F. Kennedy, o di musicisti come Marc Blitzstein, Aaron Copland o Igor Stravinsky… continua a leggere (© Il giornale della musica)

Ma tra gli abitanti dell’olimpo della direzione d’orchestra troviamo tanti altri protagonisti – oltre alla triade Toscanini, Karajan e Bernstein – come ci viene ricordato dal bel lavoro di John Mauceri A lezione dai maestri. Arte, alchimia e mestiere nella direzione d’orchestra (EDT 2019, 288 pp., € 25), dove la storia di quest’arte viene ricostruita con la passione di uno sguardo, al tempo stesso, coinvolto e distaccato. Direttore d’orchestra, insegnante e musicologo, Mauceri ha lavorato con le più importanti orchestre e compagnie operistiche, ricoprendo anche il ruolo di direttore stabile del Teatro Regio di Torino e direttore musicale della Scottish Opera, della Washington National Opera, della Pittsburgh Opera e dell’American Symphony Orchestra alla Carnegie Hall. Un ruolo, quello coltivato dall’autore di questo volume, che gli permette di raccontare il mestiere della direzione d’orchestra, per così dire, “in soggettiva”, restituendoci una prospettiva dall’interno di quella miscela alchemica fatta di conoscenza, studio, passione, ispirazione, mestiere e personalità… continua a leggere (© Il giornale della musica)