Message

Max Ferri Trio, «Message», Ultra Sound Records 2022, 1 CD

Energia, immediatezza e vitalità: così si potrebbe sintetizzare il lavoro che segna l’esordio discografico del chitarrista Max Ferri, pubblicato lo scorso mese di marzo dall’etichetta Ultra Sound Records. Un progetto che vede al centro il trio composto dallo stesso Max Ferri (chitarre), William Nicastro (basso) e Giorgio Di Tullio (batteria), formazione segnata da una fresca immediatezza e affinità dialogica, completata in alcuni brani dalla partecipazione altri musicisti come Marco Scipione (sax tenore), Nicolò Fragile (tastiere) e Tullio Ricci (sax tenore).

La materia sonora distribuita nelle nove tracce che compongono questo album miscelano stilemi tratti dagli ambiti stilistici come jazz, rock e funk, dando voce ad intrecci strumentali – innestati su dialoghi serrati e dinamici scarti di tempo – che hanno il merito da un lato di valorizzare la compiuta consapevolezza strumentale dei musicisti coinvolti, e dall’altro di restituire composizioni dalla presa facile ed immediata all’ascolto.

Caratteri che, senza voler offrire percorsi compositivi ed interpretativi particolarmente innovativi, riescono a tratteggiare con naturalezza i diversi brani attraverso una freschezza di approccio spontanea ed apprezzabile. Un dato che possiamo rilevare innanzitutto nei brani originali firmati da Ferri, che si presentano quali spazi di perlustrazione nelle differenti direzioni stilistiche verso le quali il musicista dirige la sua chitarra, offrendo al tempo stesso oasi di indagine strumentale anche per gli altri colleghi, come per esempio possiamo notare nel brano eponimo, con lo spazio lasciato alla batteria di Di Tullio, o in “Freud”, titolo segnato dal basso di Nicastro.

Oltre ai brani originali, troviamo anche omaggi ad artisti che possono rappresentare idealmente i punti di riferimento per questa formazione, a partire da Jimy Henderix, revocato attraverso la sua “Third Stone from the Sun”, per arrivare al Joe Anderson di “Inner Urge”, dall’omonimo album Blue Note del 1964, finendo con “Yes or No” di Wayne Shorter, brano che chiude l’album con un sapore più squisitamente jazzy. (© Gazzetta di Parma)