The Machine Stops

Tommaso Gambini, «The Machine Stops», Workin’ Label 2020, 1 CD.

Ispirato all’omonimo racconto pubblicato nel 1909 dallo scrittore inglese Edward Morgan Forster – scomparso cinquant’anni fa e autore di romanzi quali “Casa Howard” o “Camera con vista”, dai quali James Ivory ha tratto celebri film – questo progetto, presentato al Festival Jazz di Torino dello scorso anno, rappresenta l’esordio discografico di Tommaso Gambini. Chitarrista e compositore nato a Torino nel 1992, Gambini si è trasferito dopo gli studi negli Stati Uniti: prima a Boston, grazie a una borsa di studio al Berkee College of music, e poi a New York.

Nel suo scritto, Foster ci racconta di un universo governato da una macchina e abitato da esseri umani rinchiusi in stanze sotterranee, con al centro la vicenda di Vashti, convinta sostenitrice dei vantaggi del mondo regolato dalla Macchina, e di suo figlio Kuno, un ribelle che vuole a tutti i costi sperimentare la vita in superficie.

Il futuro fantascientifico e distopico immaginato dall’autore britannico – per diversi aspetti precursore di immaginari raccontati in opere cinematografiche successive, da “Metropolis” di Fritz Lang (1927) a “Matrix” dei fratelli Wachowski (1999) – è riletto da Gambini attraverso una scrittura musicale, al tempo stesso, asciutta e densa. Un percorso in sette tappe nelle quali vengono distillati ora rimandi a una sorta di minimalismo meccanicistico, con cellule timbrico-ritmiche reiterate e tratteggiate da impulsi elettronici che fanno pensare vagamente a “Big Science” di Laurie Anderson (“The old machine” o “The new machine”) –, ora tratteggi stilistici di certo jazz anni Settanta, rievocato in brani quali “Kuno” o “Anonymous”.

Un mondo sonoro personale, immerso in un’atmosfera che ci parla di un futuro cibernetico decadente, completato da alcuni frammenti recitati del testo di Forster e concentrato da Gambini in circa mezz’ora di musica alla quale hanno offerto il proprio partecipato contributo un gruppo di affiatati musicisti: Manuel Schmiedel al pianoforte, Ben Tiberio al contrabbasso, Adam Arruda alla batteria, Jacopo Albini ai clarinetti e Anggie Obin al flauto, ai quali si aggiungono i sassofonisti Ben Van Gelder (contralto) e Dayna Stephens (tenore).  (© Gazzetta di Parma)